Immagina di essere sedut in un ristorante in Liguria: ti aspetti focaccia, pesto e trofie, e invece ti portano a tavola una specie di disco volante commestibile. Non è una pizza, non è una piadina, non è un pancake….è il testarolo ligure, uno dei piatti più antichi d’Italia e forse il più sottovalutato.
E’ un piatto semplicissimo (infatti è il risultato di tre ingredienti mescolati al volo) ma con alle spalle una storia che affonda nell’epoca dei Romani (Giulio Cesare probabilmente ne ha mangiati più di te).
E oggi il testarolo ligure continua a conquistare con la stessa disarmante semplicità: basta tagliarlo a losanghe, tuffarlo in acqua bollente e condirlo con olio buono, formaggio o, per i veri liguri doc, con il pesto.
Un piatto che si crede pasta ma che in realtà è molto di più: un pezzo di identità, tradizione e ironia gastronomica tutta italiana.

INNANZITUTTO…COS’è IL TESTAROLO LIGURE ?
Se ti trovi davanti un piatto di testaroli per la prima volta, potresti pensare di avere a che fare con una pasta grossolana e un po’ rustica. E in effetti non avresti tutti i torti. Ma dietro questa semplicità si nasconde un piccolo tesoro gastronomico.
Il testarolo ligure è un impasto a base di farina, acqua e sale, semplice semplice. Viene poi cotto in un recipiente di ghisa o terracotta chiamato, guarda un po’, testo. Ecco da dove viene il nome: niente di esoterico, niente leggende medievali strane. Solo un banalissimo (ma nemmeno tanto) utensile da cucina.
Una volta cotto, il testarolo non si mangia così com’è, ma viene tagliato a losanghe (se come noi non avevi idea di cosa volesse dire questo termine, traduciamo subito: a rombi!). Poi, viene bollito velocemente in acqua, come fosse pasta, ma con tempi di cottura più brevi. Da qui il suo status ibrido: non è pane, non è pasta, ma è un po’ tutte e due le cose insieme anche se nessuna delle due fino in fondo.
LE ORIGINI
La storia del testarolo ha radici antiche, anzi antichissime. Si dice che sia uno dei primi tipi di pasta della storia, risalente addirittura all’epoca romana. Già immaginiamo le legioni dopo una lunga marcia: niente carbonara (anche perchè ancora non c’era), niente pizza (idem), ma un bel testarolo condito con olio e formaggio. Insomma, un comfort food ante litteram.
La zona di origine più famosa è quella della Lunigiana, terra di confine tra Liguria e Toscana (infatti noi abbiamo acquistato il testarolo ligure durante un viaggetto alle 5 Terre……ps. meravigliose!). Qui il testarolo era il piatto della gente comune, preparato con ingredienti poveri ma sostanziosi. Perché, diciamolo, il lusso è bello ma a stomaco pieno si ragiona meglio.
TESTAROLO LINGURE O TOSCANO?
E qui entriamo in un campo minato: il testarolo è ligure o toscano? La verità, come spesso accade, sta nel mezzo. O meglio, come dicevamo prima, nella Lunigiana, quella striscia di terra senza una sua vera identità che storicamente ha preso un po’ di qua e un po’ di là. Se dobbiamo tirare un po’ le somme ed elencare le differenza tra le due paste, diremmo che:
- il testarolo ligure si prepara più sottile, quasi da sembrare un grande disco volante commestibile;
- il testarolo toscano (di Pontremoli, precisamente) è più spesso, più consistente e viene servito con condimenti generosi, tipo pesto, sugo di funghi o semplicemente olio e pecorino.
Insomma, due diverse scuole di pensiero. Ma alla fine, chi se ne importa. L’importante è avere un buon bicchiere accanto e il piatto pieno davanti.
IL CONDIMENTO PERFETTO
Se chiedi a un ligure come si condisce il testarolo, la risposta sarà secca e senza fronzoli: pesto. E già qui si apre un mondo, perché parlare di pesto in Liguria è come parlare di calcio in Brasile.
Perciò, senza troppe parole, il condimento classico del testarolo ligure resta semplice come il suo impasto: olio extravergine d’oliva, formaggio grattugiato e basilico fresco. Ma guai a chiamarlo piatto povero: la semplicità, quando è fatta bene, diventa eleganza. Lo avete mai assaggiato un Signor pesto?

I SEGRETI CHE RENDONO UNICO IL TESTAROLO LIGURE
- Il testarolo ligure è stato definito dal Ministero delle Politiche Agricole come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT). Non è un titolo nobiliare, ma quasi.
- L’impasto è così basico che non c’è pericolo di buttar via ingredienti preziosi. È la cucina anti-spreco per eccellenza. Parola d’ordine: zero sprechi…come piace a noi!
- Il testarolo non esisterebbe senza il testo ossia la piastra di ghisa o terracotta su cui viene cotto. È lì che nasce la sua identità: profumo leggermente affumicato e quella superficie punteggiata che lo rende unico.
- il testarolo viene cotto in due modi possibili: molti lo servono direttamente tagliato a losanghe dopo la cottura sul testo; altri lo lasciano raffreddare e lo passano per pochi minuti in acqua bollente, come se fosse pasta. Questa “seconda cottura” fa sì che il testarolo assorba meglio i condimenti e diventi più pastoso nella bocca, appunto.
- A seconda della disponibilità di cereali, il testarolo ligure, oltre che con farina di grano tenero 00 o 0, può essere fatto anche con farro o con farine locali come quelle di castagna: il risultato cambia aroma e digeribilità, ma negli ultimi anni c’è stato un ritorno a grani locali per recuperare profili di sapore tipici del territorio. Questo è un segreto goloso perché modificando la farina cambia tutta la personalità del piatto.
- In alcune varianti locali, dopo aver scaldato il testo, la pastella viene versata e la superficie cuoce grazie al calore residuo della parte inferiore e alla chiusura col una sorta di coperchio chiamato ‘soprano’, il tutto senza rigirare il disco. Questa tecnica è complessa da replicare fuori dal territorio e dà un gusto e una consistenza unici.
- Oggi molti produttori artigianali confezionano il testarolo ligure in pratiche confezioni sottovuoto arrotolate su se stesse. Questa modalità di vendita non solo facilita la conservazione e la distribuzione, ma permette anche di mantenere intatta la freschezza e la qualità del prodotto. Noi lo abbiamo acquistato proprio così e portato a casa come souvenir culinario.
COME SI PREPARA?
Lo sappiamo che stai già pensando di provarci a casa. E fai bene perché il testarolo ligure non è un piatto impossibile. ti serve solo farina, acqua, sale e un testo di ghisa (ok, questo forse non lo hai, come noi d’altronde, ma una padella antiaderente può salvarci).
Si mescola tutto fino a ottenere una pastella fluida, si versa sul testo o padella ben caldi e si lascia cuocere fino a ottenere un disco compatto. Poi si taglia a losanghe e si tuffa in acqua bollente per pochissimi minuti. E infine, via con il condimento preferito. Ti interesserebbe un articolo dedicato esclusivamente alla ricetta di viaggio del testarolo ligure, con dosi e procedimenti precisi ?
Viviamo in un mondo dove tutti parlano di sushi, tacos, ramen e bao, ma pochi conoscono il testarolo. Eppure questo piatto ha tutte le carte in regola per diventare una star: è facile, sano, gustoso e ha una storia millenaria. Insomma, altro che piatto povero, il testarolo è un pezzo di storia vivente che vale la pena scoprire e, soprattutto, assaggiare.
Se ti capita di fare un salto in Lunigiana o in Liguria, non lasciarti sfuggire l’occasione di provare il testarolo ligure. Oppure, se lo hai già assaggiato, raccontaci la tua opinione nei commenti. Noi ti lasciamo il video della nostra esperienza con il testarolo-souvenir….sottovuoto! QUI !
Angelo & Silvia
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